Radiogol by Riccardo Cucchi
autore:Riccardo Cucchi [Cucchi, Riccardo]
La lingua: ita
Format: epub
editore: il Saggiatore
pubblicato: 2018-08-30T22:00:00+00:00
Due pupazzi di neve
Mosca, a ottobre, è una distesa di ghiaccio e un cielo plumbeo che incombe. Mosca, a ottobre, ha già spalancato le porte al suo gelido inverno. Ma i suoi abitanti non battono ciglio. Camminano sicuri su lastre di ghiaccio e guidano sulle strade trafficate, incuranti della neve. E vanno allo stadio, anche con le temperature sotto zero. Quel 29 ottobre del 1997 alla Nazionale italiana toccò quello della Dinamo. Un vecchio stadio comunista, essenziale e spartano. Ma soprattutto senza copertura. La neve cadeva fitta quando il gruppo della radio saliva i gradoni di cemento, alti e scivolosi.
«Per fortuna che abbiamo la postazione. Speriamo ci sia una stufa…» Ezio Luzzi era il capo della redazione sportiva. Ma soprattutto era Ezio Luzzi, una vita passata a seguire la serie B e accanto agli azzurri, prima con Ameri e poi con Ciotti. Averlo al fianco nel racconto della partita era come ripassare un pezzo di storia della radio. Arrancammo con il tecnico fino all’ultimo gradino e finalmente entrammo nella grande stanza che ci era stata assegnata. Grande, persino troppo. Poltrone di cuoio anziché sedie; un tavolino spazioso e una vetrata ampia. Completamente appannata.
«Qui non si vede niente…» osservò il tecnico. «Vediamo se qualcuno ci presta uno straccio per pulirla» replicò Ezio. La ricerca di un addetto che potesse aiutarci fu vana. Sfoderammo fazzoletti di carta e di stoffa e, mentre il tecnico montava gli apparati, ci demmo da fare. Non c’era verso. La nevicata imperversava. I fiocchi di neve si adagiavano sul vetro e comodamente si allineavano lungo tutta la sua superficie. Il calore umido di una vecchia stufa all’interno della cabina contribuiva ad appannare il vetro.
«La vedo dura…» sentenziò il tecnico. «Come la facciamo la partita?» ci interrogavamo noi. E intanto le squadre scendevano in campo per il riscaldamento. Neve ovunque. Spalancai la porta e fui avvolto da una gelida spruzzata di vento freddo. Il campo era stato ripulito in parte. Era pesante, fangoso. Striate di bianco si confondevano con il nero della terra bagnata. Erba poca, davvero poca.
In quelle condizioni difficili, l’Italia sfidava la Russia nella gara di andata dei play-off. In palio c’erano i Mondiali di Francia. Condizioni al limite, quasi proibitive. Non meno delle nostre, in realtà. Perlustrai lo spazio prospicente la cabina radio: mezzo metro mi separava dai primi sedili della tribuna. Non c’era spazio sufficiente per allestire una postazione. Impossibile. La neve mi scivolava sul viso, ma il campo si vedeva in tutta la sua interezza. Lanciai la mia proposta.
«Dobbiamo stare fuori. Non c’è alternativa. In piedi.»
«Sotto la neve?» provò a interrogarci il tecnico. «Sì. Sotto la neve.»
Non era certo una situazione che poteva spaventare Ezio, combattente di mille battaglie radiofoniche. Compresa quella di Pisa, molti anni prima, quando un gruppo di tifosi inferociti tentò di dargli la caccia in postazione. Impresa che fallì grazie a una scala a chiocciola che dava accesso alla cabina e che scoraggiò i tifosi pisani. O quella del raduno azzurro a Italia ’90 quando, a pochi minuti da un Gr, Vicini non aveva ancora annunciato la formazione e la redazione pressava il suo inviato.
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